di Giovanna Di Rosa, #politica
Da giorni il leader della Lega sta sollevando un polverone – inutile, francamente, del tutto inutile – contro la ministra Lamorgese contro la quale vengono scagliate tutte le accuse possibili da Salvini, da Meloni e dai loro partiti, in un esercizio di tiro al piattello che potrebbe essere più preciso, se fosse chiaro l’obbiettivo. Ma l’obbiettivo non c’è.
Anzi, c’è. Ma non è quello dichiarato. L’obbiettivo di questa campagna mediatica senza precedenti, rispetto alla quale Salvini e Meloni stanno già smorzando i toni, è la necessità di soffocare la fastidiosa faccenda Durigon, il sottosegretario leghista (“Bravissimo”, dice di lui la Lega compatta) che ha proposto di intitolare a Mussolini una piazza di Latina ora intitolata a Falcone e Borsellino. Un paio di giorni dopo Lamorgese scioglieva per mafia il Comune di Foggia, del sindaco dimissionario Landella in quota lega più altre destre attorno.
Poi un rave – i rave per loro natura (dall’inglese “delirio”, “selvaggio”) sono eventi improvvisati, clandestini, irrispettosi delle regole, dove gira di tutto, e sono difficilmente controllabili, proprio per la loro natura delirante, come certe dichiarazioni politiche – un rave i contorni della cui organizzazione non sono chiari, non sono stati chiariti e non saranno chiariti per un po‘, con molta indecisione e molta confusione, non certo veicolati da Lamorgese dal momento che esistono emanazioni del ministero dell’Interno note come Prefetture, forse non note alla destra italiana, ha fatto partire la caccia alla ministra della quale non si chiedono le dimissioni ma viene soltanto gridata l’incapacità, la presunta incapacità, nell’anniversario della dipartita con dolore dalla stessa poltrona dell’allora ministro Salvini, ora protagonista della scelta di candidati al limite dell’impresentabilità politica per le prossime amministrative di ottobre.
Così viene rispettata la consuetudine di scegliere un obbiettivo mediatico al giorno, o alla settimana, per distogliere l’attenzione dalle impantanature del segretario che in questo periodo hanno diversi nomi e cognomi: a partire dal sottosegretario Durigon e la faccenda delle sue dimissioni chieste da mezzo parlamento e oltre, che riteniamo Draghi imporrà (ma è un nostro pensiero); un candidato a Roma la cui uscita più felice è stata quella di disfarsi delle piste ciclabili; un candidato a Milano che non è né fascista né antifascista; alla discesa in campo a Bologna del leader di quelle Sardine che hanno fatto a pezzi Salvini alle ultime regionali di Emilia-Romagna e Toscana.
Ci sono motivi per creare annunci-spot ed armi di distrazione di massa ad uso di leghisti che guardano al segretario dei continui annunci (tipo quello del partito unico col l’anziano da Arcore) con sempre maggiore scetticismo.
(25 agosto 2021)
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