Quando Mario Draghi dice “dovremmo ragionare come se fossimo un unico Stato” ha ragione, è la via da seguire, potremmo dire che torna Ventotene e il manifesto che sostanzialmente affermava l’Europa sarà libera solo se unita: lo dice Nicola Zingaretti, capodelegazione PD al Parlamento europeo in una intervista rilasciata al quotidiano L’Unità del 22 febbraio, dove affronta quello che definisce lo “tsunami Trump” che “rappresenta un cambio di fase” e quindi, per come la vediamo in redazione, anche una grande opportunità per un definitivo cambio di passo dell’Unione Europea che invece di stabilizzarsi sull’esistente deve operare un importante salto nel futuro.
Per dirla ancora con Mario Draghi: “Se mi chiedete cosa dobbiamo fare? Vi rispondo: Non lo so. Ma fate qualcosa!”.
Zingaretti sottolinea come dalla “fine della Seconda guerra mondiale, in occidente, lo scontro politico è stato tra idee diverse che si confrontavano “nella” democrazia. Oggi questa destra vede “la democrazia” come parte del problema. Alle regole del multilateralismo, fragili e inadeguate da tempo, sostituisce un modello dove i più forti “comandano” con sfere di influenza. Ora l’Europa deve decidere. Prendere atto che il livello intergovernativo e di integrazione raggiunto ci ha permesso di arrivare fino a qui, ma è totalmente inadeguato per affrontare le sfide del futuro”.
Zingaretti, l’intervista è molto interessante, apre a una serie di scenari possibile dentro l’obbiettivo di “aprire una stagione nuova che rilanci l’integrazione, apra una stagione di investimenti che unisca gli Stati sul fronte dell’innovazione e il rilancio del modello sociale”. Insomma è utile ripetere che “l’Europa sarà libera solo se unita”. E oggi unita non lo è.
E sull’Italia sottolinea l’atteggiamento “recalcitrante dell’Italia che sembra” essere “più la rappresentante Usa che non uno dei paesi fondatori”. Questa sarà la vera battaglia dell’Europa, uscire dall’immobilismo nel quale i suoi rappresentanti l’hanno inchiodata, rifondandosi, “a cominciare dall’incapacità di modificare il diritto di veto, che ha mortificato la capacità di agire e di essere soggetto politico” e da quella poca spinta all’espulsione – di quegli stati che guardano al Cremlino e non a Bruxelles.
(23 febbraio 2025)
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